II Patrimonio condiviso della Famiglia MC e del CCM


La Famiglia dei Missionari della Carità, il Movimento del Corpus Christi, condividono completamente l’eredità spirituale data alla Chiesa dalla Beata Madre Teresa di Calcutta. Tuttavia, a differenza della sua famiglia religiosa la cui identità è assolutamente visibile l'identità del CCM e dei suoi membri è del intima e individuale.

In comune con la Famiglia MC, il Movimento trova la sua sorgente e il motivo di tutta la propria esistenza nella chiamata che Gesù fece a Madre Teresa il 10 Settembre 1946, e che è continuata, così come Lei ricorda nel suo “Trovare la Grazia”. Tutto ciò che è contenuto in questi primi dialoghi, che riguarda le intenzioni di Gesù per MC, vengono applicate dal CCM (nonostante ognuno nel suo proprio modo, rispettando il fatto che il CCM è un’associazione di preti diocesani.)

Rimanendo nel proprio contesto parrocchiale diocesano, il CCM vive perseguendo I medesimi obiettivi di MC (per esempio saziare la divina sete di amore delle anime, lavorando per la loro salvezza e la loro santità), e si propone di vivere seguendo gli stessi principi e valori (ad esempio il primato della santità, il ruolo di Nostra Signora, la devozione all’Eucarestia e al Cuore di Gesù, la pratica personale dello Spirito della Società, lo speciale amore per gli ultimi, i soli, etc…)

Madre Teresa era impregnata di un profondo senso di mutualità con il Corpo Mistico (“quello che puoi fare, io non lo posso fare, e quello che io posso fare, tu non lo puoi; ma insieme possiamo fare qualcosa di meraviglioso per Dio”), e così Lei cercò di estendere la grazia del suo carisma a tutti quelli che nella Chiesa si sentissero chiamati a condividere il proprio dono. In un certo senso, tutti coloro che hanno potuto condividere questo carisma sono parte di un medesimo corpo spirituale, e così, in qualità di membri del CCM “prestiamo” spiritualmente il nostro sacerdozio a Madre Teresa e al suo carisma, così che Lei possa continuare la propria missione attraverso di noi.

È importante richiamare che questo “prestito” spirituale del proprio sacerdozio a Madre Teresa e al suo carisma, tramite un legame interiore profondo, è il l”idea – seme tramite la quale il CCM diventa primavera. Come i collaboratori malati e sofferenti offrivano a Madre Teresa il valore della redenzione tramite le loro sofferenze e preghiere, così I Preti collaboratori (il nome originario del CCM) avrebbero offerto a Madre il potere del loro sacerdozio, offrendo non solo le loro preghiere e sofferenze quali simbolo dell’infinito valore della Pasqua di Gesù, ogni giorno, sull’altare.
Mentre esternamente ogni prete cerca di vivere lo spirito di generosità, di compassione e zelo di Madre Teresa nella Calcutta della propria parrocchia, al contempo interiormente vive una condivisione spirituale con la Famiglia MC e la sua missione nell’intimo legame dell’Eucarestia. Essi sono uniti nella sola Passione di Gesù vissuta sia nel sacramento che nel Corpo mistico: nell’Eucarestia offerta dal prete, e nel povero servito da MCs.

 

Spunti di riflessione
Prendimi, non posso andare da solo

Insieme, come membri di CCM, siamo chiamati a portare Gesù soprattutto ai più distanti, a coloro che sono nel buio, a coloro che soffrono, che sono nella disperazione, ai soli, ai dimenticati, etc… nelle nostre parrocchie e diocesi. Così come Gesù rimproverava Madre Teresa, così fa con noi: “essi non Mi conoscono, per questo non Mi vogliono (…) andate tra di loro nel Mio nome (…) prendeteMi, io non posso andare da solo”
Così come il carisma di Madre Teresa è missionario, così anche quello del CCM è missionario – vivendo il medesimo spirito missionario, ritroviamo la nostra missione tra I sofferenti, e gli abbandonati della nostra parrocchia, prima, e poi, anche negli angoli più remoti della terra.

 

Quarto Voto
Questo ci porta alla risposta di Madre Teresa – e la nostra - alla chiamata di Gesù, contenuta nel quarto voto MC di Pieno e libero servizio al più povero dei poveri.
Pur rimanendo diocesani, e legati solo dalla nostra libera appartenenza alla chiamata della grazia, noi comunque siamo chiamati nel movimento a vivere lo spirito del quarto voto – ad usare il nostro tempo e le nostre energie come pastori di anime, specialmente le più bisognose ed abbandonate; a non aspettare che il nostro popolo ci cerchi, nè ad andare solo da quelli che sono disposti a riceverci, ma a cercare e a salvare coloro che si erano persi.

Un punto di particolare enfasi della vita dello spirito del quarto voto è incoraggiare e rendere possible il sacramento della confessione. In nessun posto meglio che nel sacramentale “mercy seat” alloca la sete di Gesù per le anime, che si trmuta in carità.
Non dobbiamo nemmeno essere timidi nell’esplicitare il nostro invito alle persone, anche una per una, ad avvicinarsi al sacramento – dopotutto noi siamo pescatori di uomini, e I pescatori non aspettano che il pesce salti nella loro barca. Madre Teresa ci chiese di essere infaticabili in questo ministero, e di prendercene cura anche quando celebriamo questo sacramento, assicurandoci di trasmettere la tenerezza, la carità, e la forza del cuore del Salvatore, e  di fare uso di questo forum per esercitare l'ars artis di guidare le anime all’unione con il Signore attraverso la direzione spirituale

 

Spirito di Accoglimento

Oltre a focalizzare le nostre energie andando in cerca di quelli che sono più lontani, siamo chiamati anche a offrire la stessa gentilezza nell’accoglimento di coloro che ci avvicinano per qualsivoglia ragione. Madre Teresa insisteva che non dobbiamo lasciare nessuno senza che questo abbia in qualche modo potuto incontrare la bontà di Gesù attraverso di noi: nelle nostre parole, la nostra attitudine, la nostra pazienza nell’ascoltare.
Lei da parte sua ci ha lasciato come esempio di non permettere ad alcuno di andarsene via senza essere consolato e benedetto.
Nessuno lasciava Madre Teresa senza aver sentito di essere la persona più importante al mondo per Lei  in quei momenti, quando il suo sguardo era su di loro.
La più onesta attenzione del Padre tramite il figliol prodigo deve ispirare tutti i nostri rapporti con il nostro popolo.

 

Vettori dell’amore di Cristo

Non è il nostro amore, anche se il più sincero, che noi portiamo alla gente, ma l’amore di Dio stesso. Noi non siamo i salvatori, noi non siamo quello che cerca la gente: essi cercano ed hanno bisogno di Gesù.
È per questo che troppi legami con le iniziative ed attività umane, tralasciando il primato dell’unione personale con Dio quale fondamentro dell’apostolato, lascia il nostro popolo privo della pienezza della presenza di Dio che si offre tramite noi.
La santità del ministero individuale diventa il migliore e più efficace strumento pastorale (come Satana specificava tramite il Curato d’Ars “se ci fossero più come lui in Francia, il mio regno sarebbe finito”).
Il disegno di Gesù per Madre Teresa, e per coloro che ne condividono il carisma, era semplicemente quello di chiederle di “essere così uniti a Me come al Mia radiance”
Coloro che hanno sofferto un’enorme pena fisica od emotive hanno bisogno più delle banalità delle omelie – essi hanno bisogno dell’esperienza di Dio nella loro intimità. Essi hanno bisogno di qualcuno che medi la presenza di Dio per loro e la traduca in qualcosa loro più consono, capace di toccare il cuore e la mente.
Questo è il ruolo dei santi, come Madre Teresa; perchè è l’incontro con la santità che permette una personale teofania che la maggior parte delle persone, specialmente le più alienate da Dio, mai avranno.
Le grazie della conversione e della consolazione attraverso Madre Teresa erano esperienze – e quali membri della sua Famiglia, siamo chiamati a continuare quell ministero di permettere alle persone di toccare e di essere toccate da Dio, attraverso di noi.
Noi siamo chiamati a essere come navi vuote, vuote di noi e piene di Dio, così che ovunque andiamo noi possiamo dire “non sono più io ma Cristo che vive in me”, così che nell’incontrare le persone esse possano vedere in noi solo Gesù (Newmann).
Le persone si aspettano, e giustamente, di trovare qualcosa di Cristo in noi, per scoprire in noi quel senso di Dio per renderLo a loro più tangibile, più vicino, non solo attraverso il nostro ministero, ma anche tramite la nostra persona.
Il grande Padre Domenicano Padre Grandmaison scriveva:
Certamente desidero pregare la Parola di Dio nel miglior modo possibile, ma non è questo sentimento che mi ha portato qui. Quando io ero nel mondo, non ho mai avvicinato un prete senza l’ardente speranza di trovare qualcosa di Dio in lui (…) il sentimento della viva presenza di Cristo. E quando cercavi Dio in questo modo, e trovavo solo un uomo, me ne dolevo e provavo pena, nonchè disappunto. La mia personale ambizione, quando mi sono ordinato, è di non far provare mai ad alcuna anima il medesimo disappunto.

 

Vittime di amore

Nella più grande visione di Madre Teresa del 1947, dove Dio le mostrò la rappresentazione della sua nuova missione, elle vide se stessa con Gesù e Maria tra I poveri – a condividere la loro povertà, la loro pena, il loro buio.

La kenosis di Gesù Sacerdote (Phil. 2:6) venne condivisa radicalmente nell’auto – svuotamento di Madre Teresa, che abbracciò la sorte dei poveri, in tutte le cose, ma non nel peccato, e fece tutt’uno con loro, nella solidarietà del cuore e azioni.

Nella missione, Gesù specificatamente chiese a Madre Teresa e alle sue compagne di diventare “vittime dell’amore”, per la salvezza del povero e di colui che è nel buio. Questo è l’altro elemento fondamentale del quarto voto, e quello che tocca particolarmente anche noi – la chiamata ad essere vittime, in e come Gesù, per la salvezza del nostro popolo.
La chiamata a sopportare e a portare volontariamente le croci del nostro popolo, in quanti possiamo, per aiutare non solo la nostra cura pastorale, ma anche per la volontà stessa di compartecipare delle loro pene – nella forma della malattia e delle umiliazioni accettate di buon grado, e delle rinunce sopportate con generosità – per offrirle al Salvatore, per aiutare a trasformare le loro sofferenze in semi di resurrezione.
Non c’è salvezza, o sacerdozio, senza essere vittime.
Nemmeno il sacerdozio di Gesù ci sarebbe stato senza la Croce, e del pari il nostro sacerdozio è impensabile e irrealizzabile senza “portare la croce ogni giorno” per seguire l’Agnello al Calvario, portando insieme a Lui i peccati e le sofferenze della nostra gente.

 

 

“La nostra battaglia non è con carne e sangue”

Attraverso la vicinanza specificatamente a quelli nel buio – quelli ai quali Gesù ha detto “essi non Mi conoscono, per questo non Mi vogliono”, questi acciecati alla Sua presenza dall’eccessiva povertà o benessere – Madre Teresa focalizzava i propri sforzi sui  territori già colpiti dal Male.
Non è sufficiente andare da coloro che sono lontani da Dio armati solo della nostra compassione e di buone intenzioni. Noi siamo impegnati in una battaglia – non con condizioni economiche o strutture sociali, ma con “principalità e poteri£, così come San Paolo ci ricorda.
Perché la natura del nostro è soprannaturale (non solo la consolazione del povero, ma la loro salvezza e santificazione), così anche i nostri metodi e approcci debbono essere più spirituali che fisici. Solo dei mezzi soprannaturali possono permettere il raggiungimento di un fine soprannaturale.

Innanzi al ministero dell’intercessione e la confessione sacramentale, un altro strumento della battaglia spirituale è il potere della nostra benedizione sacerdotale. Noi non ne  dobbiamo minimizzare l’importanza dovuta alla nostra povertà di esseri umani, perché essa è veramente la benedizione di Gesù stesso , che comunica tutto il potere della Trinità nel tempo e nello spazio.
L’efficacia pastorale della santità, il potere di Dio vivente nell’uomo, questo era ciò che faceva parte del disegno apostolico di Madre Teresa – e l’unica ragione del suo impatto inegualiabile nel mondo. Madre Teresa non ha conquistato il cuore di milioni di persone semplicemente con il suo lavoro – infatti lavori simili sono stati fatti da migliaia di missionari prima di lei, ma sono a tutt’oggi sconosciuti.
Non è il lavoro in se stesso che ha permesso a Madre Teresa di vincere il premio Nobel e – che noi lo riconosciamo o no – questo è il frutto della sua santità.
E questo spiega anche perché “il mondo intero la seguiva”, proprio come faceva con Francesco d’Assisi mille anni prima.
Quali prosecutori del suo carisma, le nostre vite debbono incentrarsi sui due capisaldi di Madre Teresa:
- esteriorità: crescere nella generosità ministeriale e nell’approccio zelante ai bisognosi ed ai dimenticati, diventando veri pescatori di uomini per i “peccatori ed i pubblicani” e per tutti quelli che sono lontani da Dio.
- interiorità: accettare la chiamata alla santità personale e all’unione intima con Dio nella preghiera e nel sacrificio. Essere fedele alla Liturgia delle Ore e alla Lectio Divina per raggiungere la fonte della Luce a che rischiara il buio del mondo odierno.

 

Qualcosa di meraviglioso per Dio

Nonostante molti abbiano discusso il significato del buio di cui parla Madre Teresa, non c’è limite a cosa esso nasconda, per coloro “che hanno occhi per vedere”.
Lei, che non era mandata solo per portare ma anche per essere la luce di Dio, non può non essere stata nulla di meno che – come lei stessa prometteva “una luce per rischiarare la nostra tenebra”.
Al di là dell’inequivocabile luce della sua santità e del suo impegno di carità, c’è una luce più profonda e più grande che è ancora irradiata. È la condivisione della luce di Dio stesso, una luce che acceca i nostri sensi umani e logici: è la luce dell’amore che svuota se stesso, un amore che, senza tener conto di quanto costa, permette di superare le pene e il buio della nostra umanità, non perché deve faro, ma solo perché può. Così è l’amore divino, di colui il quale “non conosce peccato”, e nonostante ciò non solo ha pagato, ma anche “è stato l’artefice della nostra salvezza”.
Se Gesù è stato mandato per salvarci dal peccato, offrendosi in espiazione, sconfiggendo la morte ed il male, così Madre Teresa voleva fare altrettanto. Lei fu mandata per essere luce, lei che aveva conosciuto il buio sin dalla giovinezza, fu “fatta per essere buio” Per così dire-avvolto nelle tenebre per il bene di coloro vi si sono persi.
Così lei ha potuto mostrarci l’unica vera luce, la gloria di “Dio che è amore”, abbracciando il buio nella propria anima, coprendo di amore la mancanza di amore, e tramutando il buio in luce.
La sua, e quella di Dio, è una luce che non scappa dal buio, ed anzi, che lo rischiara. “e la luce illuminò il buio, e il buio non potè avere il sopravvento”.
La sua luce splendette da quel buio – non fuori dal buio o lungo esso: una luce che non poteva rivelare tuttavia tutta la sua pienezza se non nel fatto che fosse intimamente nel buio per la nostra salvezza.
Come fa la sua luce nel buio, il suo amore incondizionato nelle pene, ad illuminare le nostre vite di preti e di CCM? Prima di tutto, la sua non fu una crisi, ma il trionfo della fede. Lei ci mostra – e ci invita a mostrare lo stesso alla gente – quanto lontana la nostra fede può andare , anche nella notte; proprio come Gesù mostrava ai discepoli quanto forte fosse la fede nella parabola della donna di Canaa (che aveva rifiutato di credere che Dio non l’avesse sentita, perché “anche i cani mangiano dal tavolo del padrone”).
In seconda istanza, il buio di Madre Teresa ci mostra quanto lontani possiamo andare. Lei ci mostra quali eroici stenti l’amore di Dio possa colmare della vita umana, anche qui sotto.
Satana cerca di usare le nostre sofferenze per provare che Dio non ci ascolti, o che non provveda per noi, spingendoci a chiuderci in noi stessi, a vivere solo delle nostre pene o di provvedere al nostro ego. Dio, d’altro canto, vorrebbe usare le pene e le perdite della vita per ricordare che non siamo qui per attaccarci alle cose del mondo, dato che esse passano, e non ci “riempiono”. Dio usa la sofferenza per portarci fuori da una vita auto-soddisfatta, dipendente dalle cose terrene, in funzione di una vita vissuta per gli altri, per amore.
E questa è l’importanza dell’esempio di Madre Teresa: tra le sue pene personali, lei ci ha mostrato che non importa quale sia la nostra sofferenza, e che noi sempre abbiamo una possibilità di scelta – la scelta di amare o non amare. Noi siamo in ogni caso liberi, sempre in grado di passare avanti e superare le nostre pene per consolare le pene altrui, siamo liberi di trasformare la nostra sofferenza da prigione in ponte per le pene altrui.
Noi tutti abbiamo una Calcutta personale da vivere, fatta delle nostre pene, e quelle di coloro che ci stanno intorno. E siamo tutti inviati come ministri in questa Calcutta in miniatura, così come lo era Madre Teresa. Se lei ha potuto fronteggiare la peggiore delle sofferenze umane, riportata in scala così grande, e fare tutto questo da sola con la forza della propria sofferenza –attraverso di Lei, Dio sta mostrando a noi che possiamo fare la nostra parte nella nostra piccola Calcutta. E a discapito delle nostre pene.
Noi dobbiamo invitare ed incoraggiare le persone a capire quanto la loro vita sia importante nel disegno di Dio, e quanto bene esse possano fare nonostante le loro circostanze. Infatti, il bene che loro possono fare nemmeno Madre Teresa l’avrebbe potuto fare, e le persone che loro possono raggiungere, Lei non avrebbe potuto farlo. Nessuno nella storia ha la stessa combinazione di doni e talenti, la stessa famiglia e lo stesso gruppo di amici e contatti, come ciascuno di noi e del nostro popolo, per contribuire alla missione di Madre Teresa.
Questa è l’importanza delle loro irrimpiazzabili vite nel piano di Dio: ovunque noi siamo, con qualsivoglia dono e relazione che Dio ha messo nelle nostre mani, ciascuno di noi non è chiamato a fare quello che Madre Teresa ha fatto, ma come lei l’ha fatto, ad amare come lei ha amato, nella Calcutta della nostra vita. Anche noi siamo chiamati ad essere la luce che illumina il buio per fare della nostra vita qualcosa di meraviglioso per Dio.

 

Conclusione

Abbiamo qui cercato di mostrare la connessione e la continuità tra Madre Teresa, MC, e il CCM. Il nostro movimento e ciascuno dei suoi membri, come Madre Teresa, è inviato nel buio di questo mondo per portare la luce – la luce dell’amore di Dio che è amore – non solo a chi è materialmente povero, ma al povero e al sofferente di qualsiasi tipo, ed in ogni luogo, dalle baracche ai palazzi. Il CCM è chiamato ad essere come la rete nelle mani di Dio, come Pescatore di uomini, per il mondo intero, attingendo dalla fonte del Salvatore.

 

Riepilogo dei dialoghi CCM, Fr. Joseph Langford, MC (Co-fondatore CCM)

Don Pascual Cervera (Coordinatore Internazionale CCM)

(Roma, gennaio 2008)