Programma di Vita

 

“Ma il vino nuovo deve essere conservato in otri nuovi” (Mt 9,17)

 

La conversione del cuore ha bisogno di trovare una concreta espressione nel “rinnovamento della vita” (Rm. 6,4), garantendo botti nuove per il vino nuovo del rinnovamento, diventando “esecutori della parola e non solo ascoltatori, ingannando voi stessi” (Gc 1,22). Essere un Sacerdote Collaboratore dovrebbe implicare dei reali cambiamenti nel modo di vivere, non solo nel modo di pensare. “Vi esorto a vivere una vita secondo il vangelo” (Fl 1,27), “una vita secondo la vostra chiamata” (Ef 4,1).

Come è stato detto, la conversione e il rinnovamento sono fondamentali per un processo di iniziazione, ma quell’inizio deve essere concreto, deve trovare “nuove botti”: iniziative o cambiamenti programmati capaci di contenere ed instradare il desiderio di rinnovamento. Un processo di rinnovamento, perciò, richiede non solo la conversione del cuore, ma un programma di vita, un programma abbastanza semplice da essere vissuto impegnandosi sufficientemente per raggiungere un reale cambiamento.

La formulazione di un programma di vita contemplerà principi universali e condurrà a specifiche aree personali di bisogni.. Dobbiamo chiederci non solo, per esempio, se stiamo facendo la volontà del Padre, ma soprattutto, se ciò che stiamo facendo ora sia o no la Sua volontà, se sia o no fatto solo per la Sua gloria, ecc.

E allora, il primo passo per costruire un programma di rinnovamento è quello di “esaminarci”(2 Co 13,5), con grande onestà e specificità, chiedendoci soprattutto che il Signore stesso ci illumini su come Lui vorrebbe che noi cambiassimo o migliorassimo: “Tutte queste cose le ho osservate dalla mia giovinezza; cosa mi manca ancora ?...”(Mt 19,20).

Il Signore parlerà davvero, davvero risponderà alle nostre richieste, se solo avremo il coraggio di farle. Elenchiamo alcuni “punti fermi”, nella speranza che il Signore ne fornisca altri:

“Ci siamo donati a Cristo nell’ordinazione, ma ci siamo completamente riempiti dello Spirito di Cristo?”
“è necessario che gli altri incontrino in noi chi veramente conosce Gesù del quale si parla. Siamo coscienti della nostra povertà spirituale, nell’impegno di predicare quello che altri hanno scritto?”
“Parliamo per esperienza quando pronunciamo le parole Dio, Gesù, Spirito Santo?”
“Spesso un grande orgoglio è alla base delle nostre difficoltà nell’avvicinarci a Cristo. Confidiamo in noi stessi, nella nostra teologia, nella nostra psicologia, nei nostri piani pastorali più che nella preghiera e nella guida dello Spirito Santo?” (Muhlen).
Siamo intrappolati in uno stile di vita che riflette poco lo spirito del vangelo o lo stile di vita di Gesù?
Abbiamo perso lo spirito di zelo, cadendo nella legge del minimo sforzo per il massimo risultato? ”Siamo legati al nostro Sacerdozio solo come onesti funzionari e non come incaricati della missione di portare fuoco su questa terra?” (R. Coste).
Abbiamo permesso al nostro ministero di diventare una carriera, un canale di ambizioni, di successo e di avanzamento?
Abbiamo gradualmente perso di mira la dimensione essenzialmente spirituale del nostro ministero, dimenticando che il Suo Regno non è di questo mondo?
Ci stiamo impegnando nel mantenere la purezza del cuore? Siamo abbastanza generosi da rendere qualunque sacrificio necessario per raggiungerla? (Mt 5,29).
Nel desiderio di essere popolari, di essere applauditi, abbiamo tradito il vangelo e il Signore, come Pietro che si scaldava al fuoco? Evitiamo di proclamare verità impopolari o di assumere posizioni impopolari?
La preghiera è diventata per noi il fulcro? Ci sforziamo mai di allontanarci da una preghiera superficiale che non ci cambierà mai, per immergerci in una preghiera che ci ponga a diretto contatto con il Signore?
Abbiamo un vantaggio del dono del Signore del perdono nel sacramento della Riconciliazione?
Troviamo il tempo di pregare prima della Messa, per pregare veramente e non solo per dire la Messa?

Il processo di rinnovamento è continuo. Se noi siamo solo occasionalmente fedeli ad esso, il Signore si avvicinerà a noi, ci mostrerà ancora di più quanto ci abbia amato e quanto amore si aspetti da noi. Il Movimento considera gli “Esercizi” di S. Ignazio come uno strumento particolarmente efficace per preservare ed approfondire il processo di rinnovamento, non solo come esperienza isolata, ma come programma per una quotidiana interiorizzazione delle realtà del vangelo.

Come abbiamo già detto, crediamo che una semplice e concreta sfida sia il fondamento per ogni effettivo programma di vita. A questo scopo, proponiamo tre elementi basilari che possono costituire la struttura per costruire un programma personale (questi tre punti possono anche fornire materiale per un’evoluzione quotidiana):

1) La preghiera: chiedetevi come state pregando adesso, e come vorreste pregare. Soprattutto, concedetevi un quotidiano periodo per una profonda preghiera, nel tempo e nel luogo dove non sarete disturbati. Siate assolutamente pieni di fede (se non lo foste stati, ricominciate!). Questa preghiera può essere più fruttuosa, se fatta alla presenza del Sacramento, che è la fonte della nostra preghiera e del Sacerdozio.

2) Lo stile di vita: riconoscete il vangelo nel vostro attuale stile di vita? Chiedete la grazia, e cominciate a semplificarla. Ciò vi porterà un grande senso di intima liberazione e di gioia. “Se vuoi essere perfetto …”

3) La carità: vivo per saziare la sete di Cristo della mia gente? è lo scopo principale del mio ministero? Impegnatevi coscienziosamente per irradiare la carità e la compassione di Cristo in ogni aspetto del vostro ministero, in parole e in opere: “Da questo conosciamo l’amore, perché Lui ha dato la sua vita per noi; e noi dobbiamo dare la nostra vita per i nostri fratelli” (1Gv 3,16).

Mentre questi tre elementi sono vitali per il nostro rinnovamento, la preghiera è ben più importante, è la chiave per viverli tutti e tre. Possiamo esprimere molti punti nel delineare il nostro programma personale, ma uno deve avere una risoluzione inviolabile, che deve essere considerata ad ogni costo: un periodo quotidiano di profonda preghiera alla presenza dell’Eucaristia. Solo questa pratica assicurerà e rivitalizzerà tutto il resto, poiché costituisce un avvicinarsi all’acqua della vita, alla sua sorgente, un abbeverarsi alla fonte della vita del nostro rinnovamento.

Nel riconoscere il primato della preghiera, abbiamo bisogno anche di riconoscere l’interconnessione delle tre aree di base, come un tripode che dipende dai tre piedi per reggersi. Nessuno dei tre può essere opinabile, ma ciascuno è parte integrante del tutto. Senza povertà di spirito, per esempio, è impossibile pregare veramente, poiché il nostro cuore è diviso dall’esterno. La preghiera sarà superficiale, ed ogni tentativo di preghiera profonda infruttuoso, finché cercheremo di servire due padroni. Come osserva Madre Teresa, dobbiamo essere poveri per pregare, e dobbiamo pregare per amare.

Un denominatore comune ai nostri fallimenti, alla nostra povertà, alla nostra preghiera, alla nostra carità, è uno solo: aver accolto nel nostro cuore e nella nostra vita alcuni desideri che non fossero il Signore e la Sua croce. Finché il nostro cuore sarà pieno di desideri, anche uno solo dei desideri che non siano Lui, noi non solo non saremo quello che il Signore si aspetta da noi, ma non saremo mai felici. Paradossalmente, il desiderio di Gesù e della Sua croce è la nostra sola fonte di felicità e di pace. E questa è povertà di spirito, desiderare solo una cosa, desiderare solo il Signore.

Senza quel desiderio, può sembrarci di avere tutto, ma in realtà non abbiamo nulla, siamo vuoti. Senza quell’unico desiderio, il nostro sacerdozio, sia pur con tutte le sue manifestazioni, sarà stato inutile. Senza quel desiderio, possiamo forse parlare di conversione, ma non cambieremo mai. Invece, con quel desiderio, anche se con tanti fallimenti e debolezze, pur nella nostra intima povertà, abbiamo tutto, poiché proprio quel desiderio ci cambierà. Anche se vediamo che la nostra vita è piena di altri desideri, piena di falsi dei, dobbiamo solo cominciare a desiderare solo Lui. Se radichiamo con fede quel desiderio nel nostro cuore, esso sarà come un seme che cresce e estende le sue radici abbracciando tutto il resto.

Ma quel desiderio non è qualcosa di semplicemente naturale, è un dono, che il Signore non può mai rifiutare, Lui stesso vuole che noi lo accettiamo, Lui ci chiede di domandarlo. E come cresce quel desiderio, esso crescerà in noi, poiché la vera misura del nostro desiderio sarà la misura nel ricevere il Solo Desiderato. Dobbiamo chiedere solo questo dono, il dono di desiderare solo Gesù e la Sua croce nella nostra vita, e volere che quel desiderio cresca. E il frutto di quell’implorazione sarà immediato: un aumento della Sua pace, della Sua gioia e della Sua presenza, soprattutto là dove non siamo stati capaci di trovarLo prima. E, forse per la prima volta, quando quel desiderio comincia a crescere, cominceremo a comprendere la grandezza dell’amore che Lui vuole donare e ricevere, per saggiare la profondità, la bellezza e il frutto della nostra chiamata. Per iniziare il nostro rinnovamento, allora, dobbiamo solo cominciare ad alimentare quel desiderio che da solo può dare forza e vitalità alla nostra povertà, alla nostra preghiera ed alla nostra carità ministeriale: un desiderio solo del Signore e della Sua croce.

E senza dare importanza a quanto siamo stati deboli e infedeli, il Signore ci vuole far sapere che Lui ama ciascuno di noi più di quanto noi possiamo immaginare. Vuole dire a ciascuno di noi personalmente, direttamente: “Tu sei preziosa per me; ti ho formata nel palmo della mia mano, tu sei mia …” (Is 49,16). Se solo rispondiamo al Suo invito, se solo cominciamo a desiderare Lui, possiamo essere sicuri che Lui opererà il resto, che “Lui, che ha iniziato questo buon lavoro in voi, lo porterà a termine …” (Fl 1,6).